10 DOMANDE A… JENNIFER BOLDINI

(foto Galbiati/LVF)

Solare e determinata. E’ così che si presenta Jennifer Boldini, giovane e talentuosa regista della nuova era della storica UYBA Busto Arsizio, che ho raggiunto telefonicamente durante il suo viaggio in pullman verso la trasferta a Trento.

Ciao Jennifer e grazie per la tua disponibilità! Iniziamo subito con le domande.

Come hai iniziato a giocare a pallavolo?

E’ stato un caso. Da piccola ero appassionata di tutt’altro, ovvero di equitazione, ma le mie amiche andavano a giocare a pallavolo e io mi sono unita a loro. Ammetto che non sia stato amore a prima vista, ma non appena ho cambiato ruolo e provato quello di palleggiatrice ho subito capito quale fosse la mia strada.

Cosa ti piace di più e cosa di meno del tuo ruolo?

Il ruolo di palleggiatrice mi piace veramente tanto. Mi piace la responsabilità che si ha e il fatto di dover distribuire i palloni in base a ciò che ritengo più funzionale per il gioco. A questo si collega il fatto che il mio è un ruolo centrale, la palla passa sempre per le mie mani e devo gestire il gioco di tutta la squadra.
Per contro, nel mio ruolo non si può mai perdere lucidità perché sei sempre coinvolta, nell’arco della partita non puoi mai perdere il focus su quello che stai facendo e devi essere sempre concentrata. Questa è una delle sfide più interessanti per una palleggiatrice.

Hai avuto la possibilità di giocare da titolare sia in A2 che in A1; quali pensi siano le maggiori differenze nei due campionati?

Penso che tra le due categorie ci sia una differenza abissale.
Finora credo che il momento in cui ho fatto più fatica sia stato l’anno del passaggio da Pinerolo (A2, ndr) a Monza (A1, ndr). In generale in A1 il gioco è molto più veloce, sia nel proprio campo ma soprattutto in quello dell’avversario. In questo senso, nel campionato di A2 si ha un tempo maggiore per ragionare sull’azione, mentre in A1 la squadra avversaria è in generale molto veloce; di conseguenza, il tempo di elaborazione è molto ridotto e la velocità di gioco deve aumentare molto.
Da questo punto di vista e per migliorare in questo aspetto, quest’anno siamo una squadra molto giovane e ci stiamo aiutando a vicenda, mentre l’anno che ho passato a Monza mi sono buttata in un mondo molto più grande di me.

Quali sono gli aspetti principali (anche extrasportivi) che valuti nella scelta di una squadra?

Questa è una domanda che non mi viene fatta spesso.
Le esigenze cambiano molto di anno in anno, ma io ho sempre cercato di prediligere il gioco, in quanto ho sempre voluto giocare e vivermi la pallavolo.
Nell’anno in cui ho firmato con Monza, la scelta è stata perlopiù incentrata verso il futuro. Io e le persone a me vicine che mi supportano nelle mie scelte abbiamo capito e visto che avevo bisogno di uno sprint nella mia carriera e di trovarmi in un contesto con giocatori di alto livello, che mi potessero far crescere anche solo durante gli allenamenti. I giocatori con cui ti alleni sono il tuo migliore allenatore e devo dire che l’anno di Monza è stato molto prezioso in questo senso. In quell’annata, Ale (Gennari, ndr) mi ha fatto da chioccia e mi ha aiutata molto, ma anche molte altre persone mi hanno fatta crescere.
In generale credo che scegliere una squadra non sia mai semplice. Io sono stata sempre molto fortunata; mi sono sempre trovata in realtà molto solide con ambizioni e voglia di fare, mi sono sempre affezionata molto ai luoghi in cui ho giocato e ho sempre trovato molto difficile lasciare questi posti, che mi sono tutti entrati nel cuore; in particolare, l’anno scorso (2022-2023, ndr) ho giocato a Brescia e mi ero abituata ad avere la mia famiglia vicina, variabile che è stata importante nella mia scelta di giocare in quella squadra.
Tuttavia, nella scelta della squadra in cui giocare non ho mai dato troppo peso alla città e al luogo; mi piace molto viaggiare e vedere posti nuovi, basti pensare che sono anche finita a giocare a Soverato, dove ho vissuto un’esperienza bellissima.
In ogni caso, finora la mia scelta è sempre stata incentrata su obiettivi e ambizioni della società e meno sul luogo in cui mi sarei trovata.

La vita di un’atleta spinge a lasciare casa fin da molto giovani e spesso la lontananza da casa può essere un ostacolo difficile da gestire, in particolare nei momenti un po’ più difficili che si presentano nell’arco di una stagione. Che cosa ti ha aiutato e ti aiuta nella gestione di questi aspetti?

Bisogna considerare che il nostro è un lavoro anomalo; la pallavolo è una passione e non la considero un lavoro. Può succedere a tutti di avere una giornata no in campo e dobbiamo saperlo accettare. Chi ci guarda tende a non crederci umane, a crederci persone che non sbagliano e purtroppo non è così, anche se a noi piacerebbe sempre vincere, ma non è sempre possibile.
In questi momenti è importante avere l’appoggio delle persone care, come la mia famiglia che mi appoggia tantissimo, così come è importante avere l’appoggio di tutta la squadra e dei tifosi, da sfruttare anche e soprattutto nei momenti di difficoltà, in quanto nei momenti facili è sempre semplice e scontato avere il supporto di tutti. 

(foto Lega Volley Femminile)

Oltre alla pallavolo, sei anche impegnata negli studi universitari. Come riesci a conciliare i diversi impegni sportivi e di studio?

Mi riallaccio alla domanda precedente. Ieri sera (giovedì 14 marzo, ndr) ho consegnato la tesi di laurea; sto studiando economia e avrò la discussione tra una settimana (venerdì 22 marzo, ndr). Entro la mezzanotte avrei dovuto consegnare l’elaborato e alle undici e mezza c’era una mia compagna di squadra a casa con me che mi stava aiutando. Questo dimostra che è importante avere gente che ti appoggia anche nel percorso di studi, oltre che in campo.
A me piace studiare, ho una predisposizione verso lo studio e mi piace esplorare sempre cose nuove. Infatti non mi fermerò qui, sono già pronta per cominciare il corso di laurea magistrale!
Insieme allo studio, mi è sempre piaciuta l’idea di coltivare due passioni comuni come la pallavolo e la lettura. Ho sempre voglia di conoscere e, in questo senso, la lettura mi consente di spaziare in diversi argomenti.

Insieme a Alessia Gennari hai avviato l’iniziativa Libri al Volo, che riunisce molti appassionati di lettura e attraverso cui organizzate dei gruppi di lettura. Che cosa ti piace di più nel rapporto con i lettori con cui vieni a contatto nei vari gruppi di lettura che organizzate?

Il Gruppo di Lettura è stato una delle scoperte più belle di Libri al Volo!
Inizialmente Alessia e io abbiamo aperto la pagina con l’intento di scambiare idee, ma non ci aspettavamo una community così grande che ci seguisse!
Il Gruppo di Lettura è nato dai tanti messaggi che riceviamo dai lettori, che ci danno idee e ci raccontano le emozioni che provano leggendo i loro libri. Da qui l’idea!
Con l’utilizzo di Telegram, siamo in grado di coinvolgere lettori e tifosi da tutta Italia e, concordando delle scadenze, riusciamo a forzare le persone a leggere più velocemente.
Devo dire che nel Gruppo di Lettura è bello sentire i pareri degli altri lettori! Quando abbiamo letto tutti insieme “La Strada” di McCarthy, il libro non mi convinceva, ma ascoltare i punti di vista diversi di tutti i lettori mi ha aiutata a immergermi nella lettura e nella storia; questo mi ha portata ad apprezzare il libro molto più di quanto non l’avrei fatto leggendolo da sola.

Quale genere di lettura preferisci?

In generale sicuramente romanzi di ogni tipo. Periodicamente sento la necessità di leggere un thriller; ho bisogno dell’adrenalina che rilasciano queste letture, per me è vita.
Leggo anche saggi filosofici, perché mi piace molto la filosofia, ma tendenzialmente spazio molto tra i diversi generi perché mi piace l’idea di leggere di tutto.

Rimanendo in tema di libri, in una pubblicazione dell’anno scorso il tuo collega di reparto Bruno si concentra molto sull’aspetto mentale su cui i giocatori devono lavorare, una tematica sempre più attuale in questi anni. Come valuti e quanto ritieni importante questo aspetto nella formazione di un atleta e in particolare nella tua vita da sportiva?

Penso che allenare la mente sia fondamentale. Noi atleti siamo in palestra tutti i giorni per allenare il corpo, ma spesso dimentichiamo che è la mente a muovere il nostro corpo.
Credo che Bruno abbia fatto un bellissimo lavoro, perché ha umanizzato il giocatore e ha spiegato apertamente e con coraggio che possiamo avere difficoltà. Nel suo libro ci si possono rivedere moltissimi atleti, in quanto in molti abbiamo momenti no e dobbiamo imparare a superarli.
Allo stesso tempo sono convinta che la storia di Bruno possa essere d’aiuto anche per i non sportivi, perché la salute mentale è fondamentale in campo, ma anche nella vita.

Se non avessi fatto la pallavolista, che cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita?

Questa è una bellissima domanda!
Da piccola il mio sogno era di fare l’avvocato. Ora però non so se in realtà riuscirei a vedermi in un ambito al di fuori della pallavolo; se non avessi la pallavolo non sarei io, ora mi vedo solo pallavolista.
Davanti a me, nel mio futuro, vedo altro. Spero di continuare ancora per un bel po’ di tempo nel mondo della pallavolo, ma vedremo quello che sarà; sto studiando per potermi creare comunque un futuro parallelo.

(foto Lega Volley Femminile)

10 DOMANDE A… CRISTINA BARCELLINI

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Schiacciare la palla a terra e mettere a segno il punto della vittoria. Chissà quante volte è capitato a Cristina Barcellini, schiacciatrice di talento della Metalleghe Sanitars Montichiari, realtà sempre più solida nel panorama pallavolistico italiano.

Quando hai iniziato a muovere i primi passi nel mondo della pallavolo?

Ho iniziato a giocare a pallavolo in terza elementare, con mia sorella Valeria e le nostre amiche. Pian piano con impegno, divertimento e costanza sono andata avanti e tutta la famiglia si è appassionata al volley!

Quali sono stati, finora, il momento più bello e il momento più brutto della tua carriera?

Ci sono tantissimi momenti belli e grandi emozioni in quasi ogni partita! Il più bello che mi viene in mente è stata la vittoria della Coppa Cev a Novara, in fondo anche mia città. Di momenti brutti ce ne sono altrettanti! Capita che le cose non vadano come vuoi… Ma cerco di rimuoverli alla svelta!

Quali sono, secondo te, i tuoi punti di forza e gli aspetti su cui, invece, credi di poter migliorare?

Non mi sento mai contenta al 100%. Credo di poter migliorare su molti aspetti, in particolare muro e ricezione. Il mio punto di forza ritengo sia la potenza in attacco.

Dovendo stare lontana da casa per la maggior parte della stagione, che cosa ti manca di più della tua terra?

Mi manca più di tutto non poter trascorrere il tempo con le mie sorelle Valeria e Michela… E ovviamente anche famiglia e amici!

Negli anni passati hai avuto la possibilità di competere anche nelle coppe europee (Champions League e Coppa Cev, ndr). Quali sono le maggiori differenze che hai trovato tra il giocare competizioni di questo tipo e i match del campionato italiano?

Di sicuro fare solo il campionato senza coppe ti dà la possibilità di lavorare di più in palestra e di essere meno “stanco”, perché tra viaggi e partite infrasettimanali ci sono molti impegni. A livello di partite, di sicuro cambiano gli avversari e le difficoltà.

Negli ultimi anni molte giocatrici italiane hanno deciso di lasciare il nostro Paese per intraprendere un’esperienza estera. Ti piacerebbe, in futuro, giocare in un campionato diverso da quello italiano?

Non escludo la possibilità di andare a giocare all’estero…

La prossima estate si disputeranno le Olimpiadi a Rio. Che cosa daresti per vestire la maglia della Nazionale azzurra in una competizione così importante?

Partecipare alle Olimpiadi è sempre stato uno dei miei sogni!

Che cosa ti piace fare nel tempo libero, quando sei lontana da partite e allenamenti?

Nel tempo libero mi piace viaggiare, fare shopping, leggere, divertirmi e stare in compagnia delle persone a cui voglio bene! Adoro coccolare il mio gatto Nano e mi piace tantissimo fare dolci: torte, biscotti, cupcake e tanti esperimenti!

Segui e ti piacciono altri sport oltre alla pallavolo?

Non seguo con particolare attenzione altri sport, ma mi piace guardare nuoto sincronizzato, i tuffi e il nuoto in generale, così come pattinaggio su ghiaccio e ginnastica artistica.

Se non fossi diventata una schiacciatrice, in quale altro ruolo ti sarebbe piaciuto giocare?

Penso che il ruolo di schiacciatrice sia il più bello. Forse avrei scelto il palleggiatore… Per dirigere il gioco!

10 DOMANDE A… FRANCESCA FERRETTI

“A chi distribuirò il prossimo pallone?” Forse è questo il pensiero principale di un palleggiatore, il ruolo chiave di una squadra di pallavolo e fondamentale per lo sviluppo di un buon gioco. Chissà se la stessa domanda è nella mente di Francesca Ferretti, regista della Liu Jo Modena e della Nazionale azzurra alle prossime qualificazioni olimpiche.

Come hai iniziato a giocare a pallavolo?

Ho iniziato a giocare a pallavolo all’età di 11 anni circa dopo aver praticato ginnastica artistica e nuoto. Mio papà da ex giocatore di serie A e allenatore mi accompagnò nella palestra di fianco casa dove faceva i corsi di mini volley e allenava un suo amico.

Che cosa ti piace di più, e cosa meno, del tuo ruolo di palleggiatrice?

Senza ombra di dubbio è il ruolo più affascinante e bello, ma credo anche il più difficile. Mi piace il fatto di poter smarcare l’attaccante e far girare la palla. Non mi piace il fatto che non ti puoi concedere neanche un secondo di “distrazione” visto che tutto parte da noi e per ogni azione tocchiamo la palla.

Come si svolge la tua giornata tipo da atleta?

La giornata tipo è abbastanza semplice: sveglia, colazione, poi in palestra dove di solito si fanno pesi o un’oretta di tecnica. Poi pranzo, riposo e di nuovo in palestra per l’allenamento globale, che è più lungo, di solito 2/3 ore. Poi cena e relax. Capita anche di uscire se la mattina dopo è libera, per cena in compagnia.

Quali sono i tuoi punti di forza e gli aspetti, invece, in cui pensi di poter ancora migliorare come palleggiatrice?

Questa è una bella domanda e mi piacerebbe molto che fossero gli altri a dirmelo, ma pensandoci io posso migliorare ancora in tutto, dalla distribuzione alla precisione; penso invece che un mio punto di forza sia la tranquillità nello stare in campo.

L’anno scorso hai giocato per la prima volta in un campionato estero, a Baku, con la maglia del Rabita. Come viene vissuta la pallavolo in Azerbaijan rispetto all’Italia?

In Azerbaijan c’è poca cultura sportiva, loro vorrebbero solo vincere senza avere dietro una programmazione ed uno staff organizzato, cosa che ritengo fondamentale in un club soprattutto che punta a vincere. Vivono la pallavolo come business, purtroppo il campionato là era composto da poche squadre e anche questo fatto rendeva la competizione meno “attiva” rispetto ad un campionato a 10/12 squadre.

Nella tua carriera hai vinto molti trofei con molte squadre diverse. C’è, tra tutte, una vittoria a cui sei maggiormente affezionata?

Ho vinto tanti trofei con due maglie, Pesaro e Piacenza. Tutte le vittorie sono state meravigliose e uniche, ma penso che il primo scudetto sia quello emotivamente più bello ed emozionante che io possa ricordare.

Ci sono mai stati alcuni momenti della tua carriera in cui hai  pensato di lasciare la pallavolo?

Sì ci sono stati. Nei primi anni fuori casa ho avuto anche un piccolo esaurimento nervoso, ma sono cose che si superano con l’aiuto della famiglia e degli amici. Oppure dopo un infortunio brutto ho avuto paura di non poter rientrare come prima, invece non è stato così, sono rientrata ed anche più forte!

Che cosa ti piace fare nel tempo libero, quando sei lontana dal taraflex?

Prima di tutto mi piace riposare, vivere la casa, guardare un bel film sul divano. Poi, come tante ragazze, amo lo shopping, uscire con gli amici anche a cena o a bere qualcosa. Poi amo gli animali, specialmente i cani, e quando posso mi tengo la mia Puffa e me la “spupazzo” un po’. Mi piace molto anche passare del tempo con la mia famiglia.

Per quali motivi, secondo te, un giovane che si approccia per la prima volta allo sport dovrebbe scegliere la pallavolo rispetto ad altre  discipline?

Penso che la pallavolo sia uno sport che, oltre ad essere bellissimo, possa insegnare e dare molto ai ragazzi: dallo stare insieme al condividere gioie e dolori, dal rispetto per le regole alla convivenza in gruppo. E poi è proprio uno sport sano.

Se non fossi diventata una palleggiatrice, in quale altro ruolo ti sarebbe piaciuto giocare?

Mmmm… Bella domanda, forse schiacciatrice ricevitrice. Un ruolo molto completo dove devi essere tecnica in tutti i fondamentali.

10 DOMANDE A… VALERIA CARACUTA

 

Negli ultimi anni sono molte le giocatrici italiane che hanno deciso di trasferirsi all’estero per essere protagoniste in altri campionati. Una di queste è Valeria Caracuta, palleggiatrice pugliese, indimenticata pedina di molte formazioni vincenti italiane.

Quando hai avuto il tuo primo contatto con la pallavolo?

Il mio primo contatto con la pallavolo risale ai miei primi mesi di vita, perché mia mamma era una giocatrice e mio papà il suo allenatore, quindi da subito sono entrata a far parte di questo mondo. Mi portavano in palestra sempre e provavo sempre a prendere il pallone in mano, insieme a mia sorella Laura! Poi ho iniziato ufficialmente con questo sport all’età di 6 anni… con mio padre allenatore!

Quale pensi sia l’aspetto più difficile del ruolo di palleggiatrice?

 E’ in assoluto il ruolo più bello il mio! Il ruolo in cui hai più responsabilità e potere decisionale. E’ un ruolo allo stesso tempo non facile, penso che l’aspetto più importante ed anche più difficile sia il fatto di dover riuscire a rimanere sempre lucidi nel corso di una partita, lucidi per quanto riguarda le scelte tattiche e per quanto riguarda la scelta dell’attaccante in ogni singolo momento! E’ fondamentale riuscire a capire il momento di ogni tuo attaccante soprattutto nelle fasi finali di set e partite.

Segui qualche rituale scaramantico prima di scendere sul taraflex per una partita importante?

Non sono una persona particolarmente scaramantica, mi piace avere la mia giornata tipo il giorno della partita, senza particolari accorgimenti, ma ho le mie abitudini che ripeto puntualmente il giorno delle partite e talvolta anche la sera prima.

Quest’anno giochi in Francia, con il Venelles. Quali sono le differenze maggiori che trovi tra il campionato italiano e il campionato francese?

Devo dire che mi aspettavo maggiori differenze inizialmente tra il campionato italiano e questo francese! E’ sicuramente un livello diverso ma devo ammettere che quest’anno il campionato in Francia mi sta particolarmente sorprendendo per il livello di gioco! Non c’è più una sola squadra che ammazza il campionato (Cannes), ma tante squadre che lavorano bene e puntano a fare qualcosa di importante! La particolarità che mi ha più stupita è il break di 10/15 minuti tra secondo e terzo set di ogni partita, ammetto che all’inizio è stato difficile abituarsi, ma ora ovviamente mi risulta tutto normale.

Come ci si sente ad essere una giocatrice straniera in un campionato estero?

Per me è la prima esperienza estera e al di là della lingua la differenza con la vita italiana in Italia non la sento particolarmente! Qui parlo sempre francese e inglese, cosa che in Italia difficilmente succedeva. Poi ho la fortuna di parlare italiano con l’allenatore, che conosce la nostra lingua, e questo mi ha aiutata tanto, soprattutto all’inizio! Per il resto io vivo bene questa esperienza da straniera, anche perché in Italia facevo una vita molto tranquilla, quindi vivo bene ogni singola situazione che mi si presenta, dallo stare sola per molto tempo a casa al confrontarmi con compagne con abitudini diverse! In questi primi mesi le mie giornate si sono sviluppate molto su allenamenti e tempo libero passato a casa in relax su Skype con amici, fidanzato e famiglia.

Nella tua carriera hai vinto molti trofei con squadre diverse, tra cui il triplete con la maglia della Yamamay. Quale trofeo che non hai ancora vinto sogni di mettere nella tua bacheca?

Mi piacerebbe senza ombra di dubbio poter vincere una Champions League, è un sogno difficile da realizzare, ma mai dire mai! Quest’anno voglio provare a fare qualcosa di importante qui in Francia, quindi continuo a lavorare ogni giorno per questo e poi per continuare a sognare e provare a raggiungere nuovi traguardi importanti.

Nel 2013 hai avuto la possibilità di vestire la maglia della Nazionale Italiana ai Giochi del Mediterraneo a Mersin (Turchia), vincendo l’oro. Qual è la cosa più bella che ricordi di quell’esperienza?

Ricordo tutto di quell’esperienza, ovviamente la parte che mi rimarrà sempre più impressa nella memoria è la premiazione e l’inno sul podio! Penso sia la cosa più bella ed emozionante riuscire a salire su un podio e cantare l’inno della propria nazione, quindi non posso che essere felice di aver fatto parte di quel gruppo.

Quali sono stati, finora, il momento più bello e il momento più difficile della tua carriera?

Momenti più belli ce ne sono tanti, non riesco a selezionarne uno in particolare, forse l’annata di Busto con il triplete è stato sicuramente un passaggio importante per me e la mia carriera, ma in realtà ad ogni anno collego qualcosa di veramente speciale! Il momento più difficile ancora non c’è stato, ho avuto diversi momenti di difficoltà mentale e fisica, come succede spesso a chi fa questo lavoro, ma non ho nessun ricordo particolarmente negativo dei miei anni passati e onestamente mi auguro che non ci sarà mai!

Se potessi tornare indietro nel tempo, c’è qualcosa che cambieresti nel tuo percorso da pallavolista?

Non c’è nulla che cambierei, so che è strano, ma sono molto contenta del percorso che ho fatto nella mia piccola carriera, ho fatto tutto con i miei sforzi e soprattutto con quelli della mia famiglia che ho avuto la fortuna di avere accanto in questo mio percorso. Quindi non posso che essere felice e provare a fare sempre meglio per togliermi qualche altra piccola soddisfazione.

Se non fossi diventata una pallavolista, che cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita?

Ho sempre amato il diritto, a scuola era l’unica materia che studiavo veramente con gusto, quindi penso proprio che avrei scelto quell’ambito provando a diventare un giudice.

10 DOMANDE A… CELESTE POMA

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Il panorama pallavolistico italiano si sta arricchendo sempre di più di giovani di talento. Tra queste, ogni domenica sul taraflex ne spunta una con la maglia gialla, che schizza in difesa per prendere ogni pallone. Lei è Celeste Poma, libero della Unendo Yamamay Busto Arsizio, pronta a spiccare il volo verso un futuro luminoso.

Come hai iniziato a giocare a pallavolo?

Ho iniziato a giocare a pallavolo all’età di sei anni, nel mio paese, grazie ai miei genitori che hanno organizzato corsi di minivolley perché temevano che diventassi sedentaria!

Che cosa ti piace di più del tuo ruolo di libero?

Apprezzo e mi piace il ruolo del libero perché si ha il comando di tutta la seconda linea e perché è un ruolo in cui bisogna avere molta calma e pazienza non potendosi sfogare con l’attacco!

Dopo le esperienze con Pavia e Parma, torni nella massima serie con la prestigiosa maglia di Busto Arsizio. Che emozioni si provano a giocare con una squadra così importante?

Vestire la maglia di Busto è un onore per me, ogni volta che ce l’ho addosso colgo sempre di più l’importanza e il prestigio di vestirla. Credo che Busto sia una delle società migliori e organizzate del panorama pallavolistico.

Prima di ogni partita, segui qualche rituale scaramantico?

No, in realtà non ho rituali scaramantici!

A che cosa hai dovuto rinunciare per riuscire a realizzare il sogno di giocare in serie A?

Sicuramente da piccola, avendo fatto tanti sacrifici, ho rinunciato alle uscite del sabato sera con le amiche e i compagni di scuola, che spesso non capivano il motivo della mia scelta. Ma non mi importava, perché sapevo di fare la cosa che più mi piaceva.

C’è un atleta del passato, o tutt’ora in attività, che prendi come esempio per migliorarti nel tuo ruolo?

Ho sempre preso come riferimento Paola Cardullo, penso che abbia fatto la storia della pallavolo.

Che cosa ti piace fare quando sei lontana dal taraflex e dagli allenamenti?

Quando non sono sui campi da gioco, studio oppure mi rilasso stando assieme alla mia famiglia e al mio fidanzato.

Che cosa daresti per poter vestire la maglia della Nazionale azzurra?

Vestire la maglia azzurra è un sogno nel cassetto, ci sono tante ragazze forti nel mio ruolo. Per ora penso ad allenarmi e migliorare, poi quello che verrà verrà! Se dovesse essere, sarebbe un’emozione immensa.

Se dovessi dare un consiglio ad un giovane che si avvicina allo sport, perché gli suggeriresti la pallavolo piuttosto che altre discipline?

Consiglierei la pallavolo perché è uno sport di squadra, perché unisce e ti fa scoprire nuove e belle amicizie! E poi è uno sport sano e pulito.

Da bambina, hai sempre desiderato fare la pallavolista o avevi qualche altro sogno nel cassetto per il tuo futuro?

Ho iniziato da piccola a giocare a pallavolo, e arrivare a giocare in serie A era il mio sogno. Sono contenta di averlo realizzato!

(foto Salvatore Medau)

 

10 DOMANDE A… RAFFAELLA CALLONI

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Il muro uno dei suoi punti di forza, ma quando è in campo non si possono non notare il suo sorriso e la voglia di non mollare mai. Ecco a voi Raffaella Calloni, centrale e capitano de Il Bisonte Firenze, tra le pallavoliste più rappresentative del campionato italiano.

Chi ti ha spinto ad iniziare a giocare a pallavolo?

I cartoni animati! Sembrerà assurdo ma è così. Sognavo di fare la ballerina ma vista la stazza importante ho dovuto lasciare perdere. Mi sono quindi avvicinata al volley grazie ai cartoni animati di Mila & Shiro.

Che cosa ti piace di più, e cosa meno, del tuo ruolo di centrale?

La cosa che mi piace di più è che è un ruolo di intelligenza. Per essere un buon centrale devi usare la testa, sviluppare capacità di lettura e di concentrazione. La cosa che mi piace di meno sono i salti a vuoto e il non fare il giro dietro, adoro difendere.

Quali sono stati, per ora, il momento più bello e il momento più difficile della tua carriera?

Il momento più bello è stata gara 3 di finale Scudetto contro Piacenza, quando giocavo a Conegliano. Abbiamo vinto una partita impossibile giocando con tutto il cuore. Il momento più brutto è stata la rottura del tendine d’Achille e tutto quello che ne è derivato.

Nella stagione 2011/2012 hai deciso di giocare in un campionato estero, a Baku. Come ti ha cambiata questa esperienza lontana dall’Italia?

Innanzitutto mi ha fatto riavvicinare al campionato italiano, ho capito con la massima certezza che è il più completo e competitivo di tutti. Poi ho avuto conferma che non sono capace di giocare solo per soldi, ho bisogno di emozionarmi, affezionarmi, legarmi a qualcosa.

Come affronti le ore che precedono una partita importante?

Quando ero piccola avevo mille rituali, adesso invece mi limito a fare la mia visualizzazione prima della pennica e ad ascoltare buona musica.

Nella tua attuale squadra (Firenze, ndr), così come è successo anche in alcune esperienze passate, rivesti il ruolo di capitano. Quali sono, secondo te, le qualità fondamentali che non possono mancare per essere un punto di riferimento per le proprie compagne di squadra, sia dentro che fuori dal campo?

Penso che la cosa fondamentale sia dare il buon esempio. Non puoi pretendere dagli altri se non sei tu il primo a dare.

Qualche anno fa hai subìto un grave infortunio che ti ha tenuta per molto tempo lontana dal taraflex. Come si affrontano mentalmente questi momenti difficili?

Si affrontano a testa alta. Vivendo giorno per giorno. Prendendo il buono che viene, portando pazienza e accettando i momenti no che in una riabilitazione non mancano mai. E poi lavoro, lavoro, lavoro, senza mai mollare e perdersi d’animo.

La scorsa estate hai vestito per la prima volta la maglia della Nazionale Italiana, ricoprendo anche il ruolo di capitano. Che significato ha avuto per te questa esperienza?

Penso sia stato il giusto coronamento di una carriera.

Quali letture non possono mancare sul tuo comodino?

Il ritratto di Dorian Gray, Cronache del ghiaccio e del fuoco, Le poesie di Emily Dickinson, Il potere di adesso di Etkar Tolle.

Se non fossi diventata una pallavolista, che cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita?

Avrei fatto la mental coach… E sarà sicuramente quello che farò finita la mia carriera.

10 DOMANDE A… MARTA BECHIS

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Tra i tanti ritorni nel campionato italiano, uno dei più graditi dai tifosi è quello di Marta Bechis, la “palleggiatrice del sorriso”, che dopo una stagione in Polonia si riaffaccia alla massima serie con la maglia dell’Imoco Volley Conegliano.

Perchè hai iniziato a giocare a pallavolo?

Ho iniziato a giocare a pallavolo perché mia sorella maggiore giocava in una squadra (2D Lingotto) vicino a casa. I sabati e le domeniche andavo sempre a vederla giocare e mi divertivo molto a correre dietro al pallone e a fine partita provare a fare qualche bagher o palleggio sotto rete insieme a lei o mio padre.
Da quel momento ho deciso che anche io dovevo provare a giocare a pallavolo e quando ho lasciato gli altri sport che praticavo all’epoca, mi sono iscritta al 2D Lingotto Volley.

Quali sono, secondo te, i pregi e i difetti dell’essere palleggiatrice?

Sono sempre stata palleggiatrice, fin da quando ero piccola la mia prima allenatrice mi aveva riconosciuta come alzatrice e in questo ruolo ha iniziato a farmi allenare e devo dire che mi è sempre piaciuto molto.
E’ un ruolo centrale che tocca l’80 per cento dei palloni in una gara e sicuramente ha molte responsabilità; gestisce il gioco e coordina le scelte in campo. Tutte cose che possono essere pregi e difetti allo stesso tempo!

Hai mai avuto qualche momento di difficoltà in cui hai pensato di lasciare la pallavolo?

Purtroppo sì. Nella mia carriera pallavolistica ho avuto momenti molto belli e altri meno belli che mi hanno portato a pensare seriamente di voler lasciare la pallavolo ma la mia passione ed il mio agonismo mi continuano a far credere che il volley sia la mia più grande passione e che i momenti negativi devono soltanto essere d’insegnamento!

Quest’anno torni a giocare nel campionato italiano dopo una stagione in Polonia, al Legionowo. Quali sono le maggiori differenze tra la pallavolo italiana e quella polacca?

Di differenze ce ne sono, come è normale che sia, in paesi e culture diverse ma lo sport è sempre lo stesso quindi quando ci si ritrova in campo si lotta come sempre uniti per un unico obiettivo!
L’esperienza polacca mi ha fatto vivere per la prima volta il fatto di essere io la straniera in un campionato estero e mi ha fatto rendere conto di aspetti a cui prima non badavo, mi ha fatto maturare e conoscere in maniera profonda!

Che cosa ti è mancato di più dell’Italia durante la tua esperienza all’estero?

Le amicizie e la famiglia sono sicuramente le cose che quando sei lontano ti mancano di più e devo dire che un pochino del nostro cibo e dei nostri paesaggi l’anno scorso sono mancati.

In che modo cerchi la concentrazione prima di scendere sul taraflex per giocare una partita importante?

Ci sono diversi modi che utilizzo per cercare la concentrazione prima di scendere in campo e solitamente variano spesso in base alla partita e al periodo.
Diciamo che mediamente la concentrazione più intensa la inizio a ricercare nel riscaldamento pre – partita quando mi focalizzo sullo studio tattico dell’avversario fatto nei giorni precedenti la gara.

Quali canzoni, o generi musicali, non possono mancare nella tua playlist?

Mi piace molto ascoltare la musica e spesso nell’arco delle giornate la tengo come sottofondo, ma purtroppo non sono per niente brava a creare playlist o ricordarmi i titoli delle canzoni. Da quando ho scoperto Spotify non ho più problemi! In base al mio umore scelgo un mood o una playlist già create ed è perfetto per me!
Ad ogni modo soprattutto in questo periodo sono influenzata dai tormentoni spagnoli estivi e dal loro ritmo brioso e contagioso!

La prossima estate si giocheranno le Olimpiadi a Rio. Che cosa daresti per giocare una competizione così prestigiosa con la maglia azzurra?

Le Olimpiadi? Beh un sogno! Per me vestire la maglia della Nazionale e i colori azzurri con la nostra bandiera ricamata sul petto sono stati motivo di grande orgoglio e poter tornare a rivivere quelle sensazioni è sicuramente un obiettivo che mi piace sognare, soprattutto in un anno così importante come quello delle Olimpiadi!

Quale trofeo sogni di aggiungere al tuo palmares?

Non diciamo niente ad alta voce, ma spero quest’anno di aggiungere un importante trofeo al mio palmares!

Se non fossi diventata una pallavolista, che cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita?

Ho sempre detto che se non avessi giocato a pallavolo probabilmente avrei voluto studiare architettura o design. Nell’arco del tempo poi ho sviluppato l’interesse e il desiderio di provare ad immettermi anche in qualche ambito legato alla moda ma sicuramente continuare a coltivare ambiti legati alla mia creatività.

(foto Dario Moriella)

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Con Marta alla presentazione ufficiale dell’ Imoco Volley Conegliano

10 DOMANDE A… ALICE SANTINI

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Segni particolari: accento toscano e occhi che sorridono. Non si può descrivere in modo migliore Alice Santini, professione schiacciatrice e neo acquisto dell’ Imoco Volley Conegliano.

Come hai iniziato a giocare a pallavolo?

Ho iniziato a giocare a pallavolo a 7 anni, guardando Mila e Shiro! Ho capito subito che era il mio sogno, quindi ginocchiere, partenza…Via!

Quali sono, secondo te, le caratteristiche che distinguono la pallavolo da tutti gli altri sport?

La pallavolo è uno sport di squadra, quindi l’obiettivo è comune e con l’intero gruppo si cerca in ogni modo di raggiungerlo! E’ uno sport senza contatto fisico in cui sono necessarie molte ore di allenamento per mantenere sempre un buon livello, e la sua caratteristica più bella è la sua imprevedibilità. Niente è semplice, niente è scontato, ogni palla è sempre diversa e soprattutto… Tutto può succedere!

Quali sono stati, finora, il momento più bello e il momento più brutto della tua carriera?

Il momento più brutto della mia carriera è stato sicuramente lo scorso anno vissuto ad Urbino, perché è stato complicato sotto troppi punti di vista, ma sicuramente è stato l’anno che mi ha aiutato di più ad essere quella che sono oggi. Invece il momento più bello, che ancora oggi ricordo con gioia, è stata la vittoria della prima Coppa Italia di Serie A2 a Loreto! Partivamo da sfavorite ma ce la siamo portata a casa giocando unite e con il cuore! E’ stata un emozione bellissima!

Quando ti trasferisci in una nuova squadra, che cosa ti piace scoprire della città che ti ospita?

Sinceramente mi piace molto andare alla scoperta di nuovi posti, nuove strade, nuovi centri storici da visitare… Sono molto curiosa, ma credo che la cosa che in assoluto mi piaccia di più sia scoprire ogni tipo di specialità culinaria locale. Non si direbbe ma sono un’ ottima forchetta!!!

Dovendo stare lontana da casa, che cosa ti manca di più della tua terra durante il campionato?

Lontano da casa mi manca ovviamente la mia famiglia, i miei amici più stretti e i posti che fin da piccola sono stati i miei punti di riferimento. Tornare in centro a Firenze, alzare lo sguardo e vedere Palazzo Vecchio in Piazza della Signoria è sempre una sensazione unica… “Bella la mia città”!!!!!!

Quali sono, secondo te, le qualità fondamentali che non possono mancare per essere una buona schiacciatrice?

Una buona schiacciatrice per me deve essere una giocatrice completa! Con molti colpi ed una buona manualità, ma comunque forte in seconda linea. Avere una buona tecnica è fondamentale, e personalmente credo che anche la pazienza sia un caratteristica da non sottovalutare. Capita spesso di attaccare palloni difficili e bisogna essere tranquilli e lucidi per poter sviluppare un gioco intelligente anche nei momenti di difficoltà!

Che cosa ti piace fare nel tempo libero?

Nel tempo libero mi piace molto passeggiare, fare shopping, leggere, amo ascoltare la musica in particolare quando cucino o pulisco la casa; adoro vedere qualche bel film sul divano, andare al cinema oppure organizzare delle cene tranquille a casa, per stare in compagnia con chiacchiere, tante risate e qualche bel gioco da tavolo dove la competizione spesso sfocia in polemiche divertentissime! Alterno a tutto questo, momenti di solitudine in cui mi prendo cura di me e della mia persona, cosa che ritengo fondamentale!!!

Quali libri non possono mancare sul tuo comodino?

Mi piacciono le letture abbastanza leggere, in genere leggo romanzi, anche se ultimamente mi sto interessando molto anche a certe letture sulla medicina orientale.

Se potessi tornare indietro nel tempo, c’è qualcosa che vorresti cambiare del tuo percorso da pallavolista?

Del mio percorso pallavolistico in realtà sono molto orgogliosa! Non cambierei assolutamente niente, perchè tutto quello che ho fatto, l’ho fatto con enorme sforzo e altrettanto sacrificio. Non ho avuto momenti semplici ma comunque non rimpiango mai le mie scelte, perchè quando ho scelto era quello che in quel momento volevo veramente. Avrei avuto la possibilità di esordire in serie A un po’ più giovane di quanto abbia fatto, ma ho preferito finire gli studi e frequentare i corsi dell’università di scienze motorie a Firenze, e anche in questo sono certa di aver fatto la scelta giusta, perchè essersi laureata mi ha regalato comunque un’enorme soddisfazione, oltre ad un titolo di studio!

Se non fossi diventata una schiacciatrice, in quale altro ruolo ti sarebbe piaciuto giocare?

Ho sempre adorato fare la schiacciatrice in realtà; è il ruolo più gratificante dal mio punto di vista. Ho giocato qualche anno anche da opposta ma non mi ha regalato le stesse soddisfazioni. Quindi sono contentissima del mio ruolo ed essendo un persona ambiziosa e a volte anche troppo pretenziosa, lavorerò sodo per migliorarmi in ogni minimo dettaglio sapendo di poter contare sull’aiuto della squadra e dello staff. Sono convinta di essere nel posto giusto, quindi non ci resta che iniziare…

(foto Dario Moriella)

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Con Alice alla presentazione ufficiale dell’ Imoco Volley Conegliano

10 DOMANDE A… MIRIAM SYLLA

Schiacciata potente, sguardo da pantera, grinta disarmante: quando scende sul taraflex è così. Lei è Miriam Sylla, giovanissima schiacciatrice e sicura promessa del volley italiano.

Perché hai iniziato a giocare a pallavolo?

Mi sono avvicinata alla pallavolo perchè ci giocava mia cugina. Sono andata a provare con lei e… Eccomi qua!

La giornata tipo di una pallavolista di Serie A.

Sveglia alle 8.45 e colazione non troppo pesante, poi si va ad allenamento, di tecnica o pesi. Dopo il pranzo, c’è tempo per un riposino pomeridiano, poi si torna in palestra. Quindi si cena e poi… Dipende!

Quali sono, secondo te, gli aspetti positivi e quelli negativi del ruolo di schiacciatrice?

Secondo me l’aspetto positivo è che sei una pedina fondamentale del gioco; inoltre mi piace il fatto di poter concludere l’azione mettendoci un pizzico di adrenalina in più. L’aspetto negativo? La ricezione.

Dal 2013 giochi a Bergamo. Che significato ha per te vestire la maglia della società più titolata d’Italia?

Provo sicuramente un mix di soddisfazione e onore.

Che cosa ti piace fare nel tempo libero?

Mi piace stare con gli amici, e fare un po’ di tutto!

C’è una giocatrice, del passato o tutt’ora in attività, a cui ti ispiri?

Adoro ed ho sempre desiderato essere o diventare come Taismary Aguero.

Segui qualche rito scaramantico prima di ogni partita?

Sempre! Bevo una Red Bull, poi mi prendo 10 minuti per ripetere le cose da fare per la partita. Infine mi metto le cuffiette per ascoltare un po’ di musica, e mi incammino verso il palazzetto.

Quali canzoni o generi musicali non possono mancare nella tua playlist?

La musica rap, oppure R&B.

Hai da poco partecipato alla Final Six del World Grand Prix in Nebraska. Che emozioni si provano a giocare delle competizioni così importanti con la maglia azzurra?

Si prova davvero una grandissima emozione, quasi inspiegabile.

Se non fossi diventata una giocatrice di pallavolo, che cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita?

Boh, sono indecisa tra la poliziotta.. E la ballerina di danza classica, ovviamente!

(foto Fabio Cucchetti per GetSportMedia)

10 DOMANDE A… LETIZIA CAMERA

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Giovane, talentuosa, professione palleggiatrice: lei è Letizia Camera, una delle giocatrici più promettenti del panorama pallavolistico italiano ora impegnata nella lunga estate azzurra con la maglia della Nazionale guidata da coach Marco Bonitta.

Ciao Letizia, grazie per aver accettato di essere la prima protagonista di questa rubrica! Cominciamo con le domande. Come hai cominciato a giocare a pallavolo?

Ho cominciato a giocare quando andavo alle scuole elementari, in uno dei corsi pomeridiani proposti dalla scuola. Poi, dato che mi piaceva, mi sono iscritta al corso di minivolley con quella che è stata la mia prima società: lo Sporting Acqui.

Hai cominciato a giocare in serie A già molto giovane. Quali sono le maggiori difficoltà che hai trovato dovendo stare lontana da casa?

Sono andata via di casa che non avevo ancora compiuto 15 anni perché mi aveva chiamato l’Asystel Novara. Non è stato facile il distacco, ma ricordo di avere avuto giornate talmente piene tra scuola e volley che non avevo nemmeno il tempo per provare nostalgia. Detto questo, rifarei tutto da capo perché, avendo vissuto l’esperienza con tanto entusiasmo, mi è riuscito tutto più semplice.

C’è una palleggiatrice del passato a cui ti ispiri?

Nella mia cameretta avevo appeso il poster di Leo Lo Bianco… Penso che per le palleggiatrici (e non solo) della mia generazione non possa essere che lei la nostra ispirazione! Ho avuto anche la fortuna e il piacere di giocare con Irina Kirillova, un mito nel mio ruolo.

Quali sono, secondo te, i pro e i contro (se ce ne sono) del ruolo di palleggiatrice?

Del palleggiatore i pro sono tanti: innanzitutto il gioco passa dalle sue mani e quindi è sempre coinvolto nell’azione, poi deve decidere in una frazione di secondo a chi dare la palla, valutando tra mille opzioni (in base al muro avversario, al momento della gara, ai propri attaccanti, ecc. …) e questo fatto lo metto tra i “pro” perché per me è la cosa più divertente e allo stesso tempo stimolante! Ma spesso si rivela un “contro” perché a volte la scelta non si rivela quella giusta e quindi l’alzatore è il primo imputato per il punto perso e magari anche della partita.

Che cosa ti piace fare nel tuo tempo libero?

Se intendiamo il tempo libero dalla pallavolo allora dico lo studio. Mi impegno molto per affrontare gli esami universitari e per ora sto avendo delle belle soddisfazioni! Oltre a questo il tempo che resta lo dedico agli affetti: appena posso corro dal mio fidanzato o dalla mia famiglia.

Le letture che non possono mancare sul comodino di Letizia.

Di base adoro libri un po’ misteriosi, magari ambientati in tempi lontani; però ora che sto leggendo il libro di Agassi penso che in futuro mi dedicherò più spesso a libri/biografie di personaggi sportivi perché possono essere una fonte di ispirazione.

Nel 2011 hai giocato da titolare la finale, poi vinta, del Mondiale Juniores con la maglia azzurra. Che sensazioni si provano prima di una partita così importante?

Di quel giorno conservo ricordi ben definiti che sono anche tra i più belli della mia vita. Provai un vortice di emozioni, un’alternanza tra tensione agonistica, voglia di vincere e paura di non farcela, consapevolezza che eravamo una squadra davvero forte, una di quelle da “tutti per uno, uno per tutti” e quindi in ogni caso dovevamo godercela. Poi dopo la vittoria la gioia fu incontenibile, un giorno da ricordare insomma!

Quale trofeo, che non hai ancora conquistato, sogni di vincere?

In ordine dal più piccolo al più grande: Scudetto, Mondiale (Seniores) e Olimpiade. Chiedo troppo?!

Quali sono stati, finora, il momento più bello e il momento più brutto della tua carriera?

Uno bello l’ho raccontato sopra, cui aggiungo anche la finale scudetto del 2013 con l’Imoco Conegliano… Anche se persa ricordo con gioia gara 4 al Palaverde, come dimenticare l’intera curva che non smette di cantare “orgogliosi delle Pantere”! Per fortuna non c’è un momento brutto in particolare, diciamo che ci sono stati periodi molto difficili, periodi in cui ho pensato di mollare, però, una volta superati capisci che è tutta esperienza e se sei bravo a coglierne il positivo, puoi solo imparare da essi.

Se non fossi diventata una pallavolista, che cosa avresti voluto fare nella vita?

Penso che avrei continuato a studiare, probabilmente quello che studio adesso, perché è un ambito che mi piace (studio Lingue e civiltà straniere moderne). Dopo la laurea invece ancora non ne ho idea!