Solare e determinata. E’ così che si presenta Jennifer Boldini, giovane e talentuosa regista della nuova era della storica UYBA Busto Arsizio, che ho raggiunto telefonicamente durante il suo viaggio in pullman verso la trasferta a Trento.
Ciao Jennifer e grazie per la tua disponibilità! Iniziamo subito con le domande.
Come hai iniziato a giocare a pallavolo?
E’ stato un caso. Da piccola ero appassionata di tutt’altro, ovvero di equitazione, ma le mie amiche andavano a giocare a pallavolo e io mi sono unita a loro. Ammetto che non sia stato amore a prima vista, ma non appena ho cambiato ruolo e provato quello di palleggiatrice ho subito capito quale fosse la mia strada.
Cosa ti piace di più e cosa di meno del tuo ruolo?
Il ruolo di palleggiatrice mi piace veramente tanto. Mi piace la responsabilità che si ha e il fatto di dover distribuire i palloni in base a ciò che ritengo più funzionale per il gioco. A questo si collega il fatto che il mio è un ruolo centrale, la palla passa sempre per le mie mani e devo gestire il gioco di tutta la squadra.
Per contro, nel mio ruolo non si può mai perdere lucidità perché sei sempre coinvolta, nell’arco della partita non puoi mai perdere il focus su quello che stai facendo e devi essere sempre concentrata. Questa è una delle sfide più interessanti per una palleggiatrice.
Hai avuto la possibilità di giocare da titolare sia in A2 che in A1; quali pensi siano le maggiori differenze nei due campionati?
Penso che tra le due categorie ci sia una differenza abissale.
Finora credo che il momento in cui ho fatto più fatica sia stato l’anno del passaggio da Pinerolo (A2, ndr) a Monza (A1, ndr). In generale in A1 il gioco è molto più veloce, sia nel proprio campo ma soprattutto in quello dell’avversario. In questo senso, nel campionato di A2 si ha un tempo maggiore per ragionare sull’azione, mentre in A1 la squadra avversaria è in generale molto veloce; di conseguenza, il tempo di elaborazione è molto ridotto e la velocità di gioco deve aumentare molto.
Da questo punto di vista e per migliorare in questo aspetto, quest’anno siamo una squadra molto giovane e ci stiamo aiutando a vicenda, mentre l’anno che ho passato a Monza mi sono buttata in un mondo molto più grande di me.
Quali sono gli aspetti principali (anche extrasportivi) che valuti nella scelta di una squadra?
Questa è una domanda che non mi viene fatta spesso.
Le esigenze cambiano molto di anno in anno, ma io ho sempre cercato di prediligere il gioco, in quanto ho sempre voluto giocare e vivermi la pallavolo.
Nell’anno in cui ho firmato con Monza, la scelta è stata perlopiù incentrata verso il futuro. Io e le persone a me vicine che mi supportano nelle mie scelte abbiamo capito e visto che avevo bisogno di uno sprint nella mia carriera e di trovarmi in un contesto con giocatori di alto livello, che mi potessero far crescere anche solo durante gli allenamenti. I giocatori con cui ti alleni sono il tuo migliore allenatore e devo dire che l’anno di Monza è stato molto prezioso in questo senso. In quell’annata, Ale (Gennari, ndr) mi ha fatto da chioccia e mi ha aiutata molto, ma anche molte altre persone mi hanno fatta crescere.
In generale credo che scegliere una squadra non sia mai semplice. Io sono stata sempre molto fortunata; mi sono sempre trovata in realtà molto solide con ambizioni e voglia di fare, mi sono sempre affezionata molto ai luoghi in cui ho giocato e ho sempre trovato molto difficile lasciare questi posti, che mi sono tutti entrati nel cuore; in particolare, l’anno scorso (2022-2023, ndr) ho giocato a Brescia e mi ero abituata ad avere la mia famiglia vicina, variabile che è stata importante nella mia scelta di giocare in quella squadra.
Tuttavia, nella scelta della squadra in cui giocare non ho mai dato troppo peso alla città e al luogo; mi piace molto viaggiare e vedere posti nuovi, basti pensare che sono anche finita a giocare a Soverato, dove ho vissuto un’esperienza bellissima.
In ogni caso, finora la mia scelta è sempre stata incentrata su obiettivi e ambizioni della società e meno sul luogo in cui mi sarei trovata.
La vita di un’atleta spinge a lasciare casa fin da molto giovani e spesso la lontananza da casa può essere un ostacolo difficile da gestire, in particolare nei momenti un po’ più difficili che si presentano nell’arco di una stagione. Che cosa ti ha aiutato e ti aiuta nella gestione di questi aspetti?
Bisogna considerare che il nostro è un lavoro anomalo; la pallavolo è una passione e non la considero un lavoro. Può succedere a tutti di avere una giornata no in campo e dobbiamo saperlo accettare. Chi ci guarda tende a non crederci umane, a crederci persone che non sbagliano e purtroppo non è così, anche se a noi piacerebbe sempre vincere, ma non è sempre possibile.
In questi momenti è importante avere l’appoggio delle persone care, come la mia famiglia che mi appoggia tantissimo, così come è importante avere l’appoggio di tutta la squadra e dei tifosi, da sfruttare anche e soprattutto nei momenti di difficoltà, in quanto nei momenti facili è sempre semplice e scontato avere il supporto di tutti.
Oltre alla pallavolo, sei anche impegnata negli studi universitari. Come riesci a conciliare i diversi impegni sportivi e di studio?
Mi riallaccio alla domanda precedente. Ieri sera (giovedì 14 marzo, ndr) ho consegnato la tesi di laurea; sto studiando economia e avrò la discussione tra una settimana (venerdì 22 marzo, ndr). Entro la mezzanotte avrei dovuto consegnare l’elaborato e alle undici e mezza c’era una mia compagna di squadra a casa con me che mi stava aiutando. Questo dimostra che è importante avere gente che ti appoggia anche nel percorso di studi, oltre che in campo.
A me piace studiare, ho una predisposizione verso lo studio e mi piace esplorare sempre cose nuove. Infatti non mi fermerò qui, sono già pronta per cominciare il corso di laurea magistrale!
Insieme allo studio, mi è sempre piaciuta l’idea di coltivare due passioni comuni come la pallavolo e la lettura. Ho sempre voglia di conoscere e, in questo senso, la lettura mi consente di spaziare in diversi argomenti.
Insieme a Alessia Gennari hai avviato l’iniziativa Libri al Volo, che riunisce molti appassionati di lettura e attraverso cui organizzate dei gruppi di lettura. Che cosa ti piace di più nel rapporto con i lettori con cui vieni a contatto nei vari gruppi di lettura che organizzate?
Il Gruppo di Lettura è stato una delle scoperte più belle di Libri al Volo!
Inizialmente Alessia e io abbiamo aperto la pagina con l’intento di scambiare idee, ma non ci aspettavamo una community così grande che ci seguisse!
Il Gruppo di Lettura è nato dai tanti messaggi che riceviamo dai lettori, che ci danno idee e ci raccontano le emozioni che provano leggendo i loro libri. Da qui l’idea!
Con l’utilizzo di Telegram, siamo in grado di coinvolgere lettori e tifosi da tutta Italia e, concordando delle scadenze, riusciamo a forzare le persone a leggere più velocemente.
Devo dire che nel Gruppo di Lettura è bello sentire i pareri degli altri lettori! Quando abbiamo letto tutti insieme “La Strada” di McCarthy, il libro non mi convinceva, ma ascoltare i punti di vista diversi di tutti i lettori mi ha aiutata a immergermi nella lettura e nella storia; questo mi ha portata ad apprezzare il libro molto più di quanto non l’avrei fatto leggendolo da sola.
Quale genere di lettura preferisci?
In generale sicuramente romanzi di ogni tipo. Periodicamente sento la necessità di leggere un thriller; ho bisogno dell’adrenalina che rilasciano queste letture, per me è vita.
Leggo anche saggi filosofici, perché mi piace molto la filosofia, ma tendenzialmente spazio molto tra i diversi generi perché mi piace l’idea di leggere di tutto.
Rimanendo in tema di libri, in una pubblicazione dell’anno scorso il tuo collega di reparto Bruno si concentra molto sull’aspetto mentale su cui i giocatori devono lavorare, una tematica sempre più attuale in questi anni. Come valuti e quanto ritieni importante questo aspetto nella formazione di un atleta e in particolare nella tua vita da sportiva?
Penso che allenare la mente sia fondamentale. Noi atleti siamo in palestra tutti i giorni per allenare il corpo, ma spesso dimentichiamo che è la mente a muovere il nostro corpo.
Credo che Bruno abbia fatto un bellissimo lavoro, perché ha umanizzato il giocatore e ha spiegato apertamente e con coraggio che possiamo avere difficoltà. Nel suo libro ci si possono rivedere moltissimi atleti, in quanto in molti abbiamo momenti no e dobbiamo imparare a superarli.
Allo stesso tempo sono convinta che la storia di Bruno possa essere d’aiuto anche per i non sportivi, perché la salute mentale è fondamentale in campo, ma anche nella vita.
Se non avessi fatto la pallavolista, che cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita?
Questa è una bellissima domanda!
Da piccola il mio sogno era di fare l’avvocato. Ora però non so se in realtà riuscirei a vedermi in un ambito al di fuori della pallavolo; se non avessi la pallavolo non sarei io, ora mi vedo solo pallavolista.
Davanti a me, nel mio futuro, vedo altro. Spero di continuare ancora per un bel po’ di tempo nel mondo della pallavolo, ma vedremo quello che sarà; sto studiando per potermi creare comunque un futuro parallelo.